I drammi di un’etica che vuole stabilire chi pu? vivere e chi deve morire

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Anche se motivata da sentimenti di una mal intesa compassione o di una mal compresa dignit? da preservare, l?eutanasia invece che riscattare la persona dalla sofferenza ne realizza la soppressione. La compassione, quando ? priva della volont? di affrontare la sofferenza e di accompagnare chi soffre, porta alla cancellazione della vita per annientare il dolore, stravolgendo cos? lo statuto etico della scienza medica.

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE


Venerd?, 12 novembre 2004



Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Sono lieto di accogliervi in occasione della Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, i cui lavori sono in corso. Con questa vostra visita avete voluto riaffermare il vostro impegno scientifico ed umano a favore di quanti si trovano in uno stato di sofferenza.


Ringrazio il Signor Cardinale Javier Lozano Barrag?n per le cortesi espressioni che, a nome di tutti, mi ha test? rivolto. Il mio grato pensiero e il mio apprezzamento vanno a quanti hanno recato il loro contributo a questa assise, come pure ai tanti medici e operatori sanitari che, nel mondo, dedicano le proprie capacit? scientifiche, umane e spirituali al sollievo del dolore e delle sue conseguenze.


2. La medicina si pone sempre al servizio della vita. Anche quando sa di non poter debellare una grave patologia, dedica le proprie capacit? a lenirne le sofferenze. Lavorare con passione per aiutare il paziente in ogni situazione significa aver coscienza dell’inalienabile dignit? di ogni essere umano, anche nelle estreme condizioni dello stato terminale. In questa dedizione al servizio di chi soffre, il cristiano riconosce una dimensione fondamentale della propria vocazione: nell?adempimento di tale compito, infatti, egli sa di prendersi cura di Cristo stesso (cfr Mt 25,35-40).


?Per Cristo e in Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte, che al di fuori del Vangelo ci opprime?, ricorda il Concilio (Gaudium et spes, 22). Chi nella fede si apre a questa luce, trova conforto nella propria sofferenza ed acquista la capacit? di lenire la sofferenza altrui. Di fatto esiste una relazione direttamente proporzionale tra la capacit? di soffrire e la capacit? di aiutare chi soffre. L?esperienza quotidiana insegna che le persone pi? sensibili al dolore altrui e pi? dedite a lenire i dolori degli altri sono anche pi? disposte ad accettare, con l?aiuto di Dio, le proprie sofferenze.


3. L?amore verso il prossimo, che Ges? ha tratteggiato con efficacia nella parabola del buon samaritano (cfr Lc 10, 29ss), rende capaci di riconoscere la dignit? di ogni persona, anche quando la malattia ? venuta a gravare sulla sua esistenza. La sofferenza, l?anzianit?, lo stato di incoscienza, l?imminenza della morte non diminuiscono l’intrinseca dignit? della persona, creata ad immagine di Dio.


Tra i drammi causati da un’etica che pretende di stabilire chi pu? vivere e chi deve morire, vi ? quello dell?eutanasia. Anche se motivata da sentimenti di una mal intesa compassione o di una mal compresa dignit? da preservare, l?eutanasia invece che riscattare la persona dalla sofferenza ne realizza la soppressione.


La compassione, quando ? priva della volont? di affrontare la sofferenza e di accompagnare chi soffre, porta alla cancellazione della vita per annientare il dolore, stravolgendo cos? lo statuto etico della scienza medica.


4. La vera compassione, al contrario, promuove ogni ragionevole sforzo per favorire la guarigione del paziente. Al tempo stesso essa aiuta a fermarsi quando nessuna azione risulta ormai utile a tale fine.


Il rifiuto dell’ accanimento terapeutico non ? un rifiuto del paziente e della sua vita. Infatti, l?oggetto della deliberazione sull?opportunit? di iniziare o continuare una pratica terapeutica non ? il valore della vita del paziente, ma il valore dell?intervento medico sul paziente.


L?eventuale decisione di non intraprendere o di  interrompere una terapia sar? ritenuta eticamente corretta quando questa risulti inefficace o chiaramente sproporzionata ai fini del sostegno alla vita o del recupero della salute. Il rifiuto dell?accanimento terapeutico, pertanto, ? espressione del rispetto che in ogni istante si deve al paziente.


Sar? proprio questo senso di amorevole rispetto che aiuter? ad accompagnare il paziente fino alla fine, ponendo in atto tutte le azioni e attenzioni possibili per diminuirne le sofferenze e favorirne nell?ultima parte dell?esistenza terrena un vissuto per quanto possibile sereno, che ne disponga l?animo all?incontro con il Padre celeste.


5. Soprattutto nella fase della malattia, in cui non ? pi? possibile praticare terapie proporzionate ed efficaci, mentre, si impone l’obbligo di evitare ogni forma di ostinazione o accanimento terapeutico, si colloca la necessit? delle ?cure palliative? che, come afferma l?Enciclica Evangelium vitae, sono ?destinate a rendere pi? sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e di assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento? (n. 65).


Le cure palliative, infatti, mirano a lenire, specialmente nel paziente terminale, una vasta gamma di sintomi di sofferenza di ordine fisico, psichico e mentale, e richiedono perci? l’intervento di un??quipe di specialisti con competenza medica, psicologica e religiosa, tra loro affiatati per sostenere il paziente nella fase critica.


In particolare, nell? Enciclica Evangelium vitae ? stata sintetizzata la dottrina tradizionale sull’uso lecito e talora doveroso degli analgesici nel rispetto della libert? dei pazienti, i quali devono essere posti in grado, nella misura del possibile, ?di soddisfare ai loro obblighi morali e familiari e soprattutto devono potersi preparare con piena coscienza all’incontro definitivo con Dio? (n. 65).


D’altra parte, mentre non si deve far mancare ai pazienti che ne hanno necessit? il sollievo proveniente dagli analgesici, la loro somministrazione dovr? essere effettivamente proporzionata all’intensit? e alla cura del dolore, evitando ogni forma di eutanasia quale si avrebbe somministrando ingenti dosi di analgesici proprio con lo scopo di provocare la morte.


Ai fini di realizzare questo articolato aiuto occorre incoraggiare la formazione di specialisti delle cure palliative, in particolare strutture didattiche alle quali possono essere interessati anche psicologi e operatori della pastorale.


6. La scienza e la tecnica, tuttavia, non potranno mai dare risposta soddisfacente agli interrogativi essenziali del cuore umano. A queste domande pu? rispondere solo la fede. La Chiesa intende continuare ad offrire il proprio contributo specifico attraverso l?accompagnamento umano e spirituale degli infermi, che desiderano aprirsi al messaggio dell?amore di Dio, sempre attento alle lacrime di chi si rivolge a lui (cfr Sal 39,13). Si evidenzia qui l?importanza della pastorale sanitaria, nella quale ricoprono un ruolo di speciale rilievo le cappellanie ospedaliere, che tanto contribuiscono al bene spirituale di quanti soggiornano nelle strutture sanitarie.


Come dimenticare poi il contributo prezioso dei volontari che con il loro servizio danno vita a quella fantasia della carit? che infonde speranza anche all?amara esperienza della sofferenza? E? anche per loro mezzo che Ges? pu? continuare oggi a passare tra gli uomini, per beneficarli e sanarli (cfr At 10,38).


7. La Chiesa offre cos? il proprio contributo in questa appassionante missione a favore delle persone che soffrono. Voglia il Signore illuminare quanti sono vicini ai malati, incoraggiandoli a perseverare nei distinti ruoli e nelle diverse responsabilit?.


Tutti accompagni Maria, Madre di Cristo, nei momenti difficili del dolore e della malattia, affinch? la sofferenza umana possa essere assunta nel mistero salvifico della Croce di Cristo.


Accompagno tali auspici con la mia Benedizione