L’odio per la donna del femminismo

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(di Cristina Siccardi) L’odio che il femminismo, ideologia propagandistica malsana e contro natura, ha innescato nei confronti dell’uomo fin dal suo sorgere, ovvero dalla fine del XIX secolo, prosegue la sua strada distruttiva della famiglia e del vivere sociale.

Da che mondo e mondo chi uccide è un assassino, uomo o donna che sia, invece le femministe hanno escogitato il «femminicidio», un neologismo che identifica i casi di omicidio la cui vittima è una donna, i motivi, quindi, sono basati sul sesso (uomo/donna), oggi denominato «genere» (vedasi LGBT), visto che, per queste menti antiscientifiche oltre che antinaturali, esistono multiformi tipologie del vivere la sessualità.

Il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli, spiega così il significato del termine «femminicidio»: «Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte».

Nell’ordinamento penale italiano il lemma ha fatto la sua comparsa con il decreto legge del 14 agosto 2013, n. 93 (convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119) recante «Nuove norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime».

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Manovra: più soldi per lo statalismo educativo?

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Un emendamento dei 5Stelle prevede l’istituzione del tempo pieno OBBLIGATORIO per le scuole elementari.
E’ la conferma dell’orientamento socialista dell’istruzione: strappare completamente i figli alla famiglia.. e poi educarli ai gender e all’accettazione del totalitarismo islamico.
E’ un altro passo verso la costruzione del perfetto schiavo di uno Stato che gestisce le persone “dalla culla alla bara”.

Più sotto:
1. La notizia
2. Una lettera di Gianni Mereghetti.
3. Un articolo sulla differenza di costi con le scuole paritarie di Anna Monia Alfieri

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“Ci vogliono più asili nido!”, ma è proprio vero?

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Nel dibattito pubblico si possono constatare degli assunti da tutti asseriti senza bisogno alcuno di fornirne ragione, delle “verità” che nessuno osa contestare e che mettono magicamente d’accordo tutti. Una di queste è: “Servono più asili nido!”.

Ogni qualvolta si affrontino tematiche attinenti la maternità, il welfare per le famiglie, la questione demografica, etc. non c’è politico, giornalista, opinionista che non si trovi d’accordo nel sentenziare “Servono più asili nido!”.

Il più laicista dei radicali e il navigato democristiano, la femminista marxisteggiante e l’ex missino passando per ogni altra declinazione del vasto spettro ideologico sono tutti perfettamente concordi sul punto: “Servono più asili nido!” Chi li vorrà pubblici e gratuiti, chi espressione della libera iniziativa privata, chi per “liberare” le donne e chi per favorire la natalità ma tutti sicuri e convinti che “Servono più asili nido!”.

Così quando mi è capitato tra le mani il volumetto “Contro gli asili nido. Politiche di conciliazione e libertà di educazione”, essendo per natura un bastiancontrario, non ho saputo resistere e me lo sono letto d’un fiato. Il libro è agile, 82 pagine in tutto, edito da Rubettino nel 2009. Autore non è un pericoloso reazionario magari appartenente a qualche gruppetto tradizionalista, non è neppure un Amish dell’Ohio (curiosamente tradotto in italiano) ma una  giornalista de Il Sole 24 ore, sposata con due figli, Paola Liberace. E, come non bastasse, il volume è prefato dall’onorevole Valentina Aprea di Forza Italia, insegnante, dirigente scolastico e allora Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.

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L’assegno di divorzio come in una Società per azioni

Di Tommaso Scandroglio. La Cassazione ha definitivamente sentenziato sull’assegno di divorzio tentando di trovare un punto di equilibrio tra “tenore di vita” e “autosufficienza” del coniuge economicamente più debole.
Si delinea sempre di più il matrimonio come un contratto che dà vita ad una SPA in cui ogni coniuge entra in società con i propri utili nella speranza che portino frutto.
Ma il divorzio rimane una piaga morale e sociale tanto drammatica quanto ormai perfettamente assimilata dalla coscienza collettiva.

In principio c’era il criterio del “tenore di vita” a fungere da paradigma per il calcolo del quantum dell’assegno divorzile. E dunque tu ex coniuge dovevi assicurare all’altro ex coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita sperimentato durante il rapporto matrimoniale.

Poi la Cassazione con la sentenza 11504/17 (Lamorgese sul caso Grilli) sposò un criterio opposto: laddove il richiedente fosse stato economicamente autosufficiente nulla poteva chiedere all’altro ex coniuge, anche se il suo attuale tenore di vita non poteva essere comparato con quello precedente. Dopo questa sentenza, la Cassazione tornò sul tema altre volte per limare i criteri utili a stabilire l’importo dell’assegno di divorzio.

L’ultima puntata si è svolta l’11 luglio scorso con la sentenza n. 18287, in cui la Cassazione ha tentato di trovare un punto di equilibrio tra “tenore di vita” e “autosufficienza” del coniuge economicamente più debole. A tal fine i criteri indicati sono plurimi e così diversificati da spingere gli stessi giudici a parlare di “criterio composito”. Vediamo quali sono questi criteri.

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Udine: figlia lesbica; colpa dell’università?

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La figlia diventa lesbica, padre incolpa l’Università di Udine

La lettera inviata da un genitore ad una associazione cattolica per “denunciare la perdita della sua primogenita”

Questa la lettera che un genitore ha inviato alla redazione di “Notizie Pro Vita”, magazine dell’omonima onlus che da anni opera in difesa del concepimento naturale e ricorda che la famiglia  è solo e unicamente fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
“A scrivere – spiega l’associazione – è un papà profondamente addolorato che denuncia la “perdita della sua primogenita”.

«Gentilissimi di ProVita, sono un genitore che 9 mesi fa ha “perduto” la sua primogenita: letteralmente fagocitata dalla piaga del gender e dell’omosessualità dilagante.

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Un nuovo tipo di infanticidio, promosso dalla “agenda gender”

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E’ della settimana scorsa la notizia dell’ultima “impresa” dell’Avv. Cathy La Torre, comunista ed attivista LGBT (ha fondato GayLex): il Tribunale di Tempio P. si è espresso positivamente sul cambio di sesso di Chloe, diciassettenne sardo.

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Dall’Italia al Portogallo, fino agli Stati Uniti, il “gender diktat” è all’ordine del giorno e si susseguono le folli notizie che, di giorno in giorno, registrano i balzi in avanti di quella che è una vera e propria rivoluzione antropologica che ha nei bambini le sue prime ed indifese vittime.

In Italia, è di poche settimane fa il via libera alla pillola per cambiare sesso in caso di disturbo dell’identità di genere. Come riportato dal quotidiano La Verità, a riguardo, è arrivato infatti il parere favorevole della Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) – secondo la quale la pubertà sarebbe «incongruente con l’identità di genere» – e per questo le persone cosiddette gender variant, in possesso di una diagnosi di un esperto in salute mentale e del consenso informato dell’interessato e dei genitori, potranno fare richiesta della triptorelina, un medicinale erogabile a carico del servizio sanitario nazionale, in grado di “congelare” la pubertà in attesa di “tempi migliori” dal punto di vista della consapevolezza della propria identità sessuale.

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Gender diktat: aggredito parlamentare pro-famiglia

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In tutto il mondo aumentano le violenze della lobby LGBT: un parlamentare conservatore aggredito da militanti Lgbt
(video dell’aggressione: https://www.youtube.com/watch?v=NdmlVzPkKo0&t=)

La vittima è l’ex candidato alla presidenza della Repubblica cilena Josè Antonio Kast

 

Nel giorno della festa di San Giuseppe, in Cile, il parlamentare pro-famiglia José Antonio Kast, già candidato indipendente alla presidenza della Repubblica cilena alle ultime elezioni politiche, è stato aggredito da un gruppo di estremisti e attivisti pro-Lgbt mentre stava entrando nell’auditorium dell’università “Arturo Prat” di Iquique, città del Cile settentrionale nella quale era stato chiamato a tenere una conferenza.
Assieme a lui sono stati malmenati anche l’avvocato Ignacio Dülger e il dirigente politico Hector Vergara, due suoi preziosi collaboratori durante la campagna elettorale per le presidenziali.
Dall’ospedale Kast ha mandato un messaggio tramite Twitter: “Possiamo pensarla in maniera totalmente diversa, ma io non mi azzarderei mai ad aggredire qualcuno per le sue idee. Non consentiamo che l’intolleranza ci rubi il diritto di esprimerci liberamente“.

A Kast non si perdona l’aver esercitato, in un Paese scristianizzato nella sua classe dirigente, la funzione del “chiodo impiantato nella coda del serpente” per usare una delle sue espressioni più efficaci. Ovvero la funzione di “garante” della tenuta politica complessiva sui principi non negoziabili: vita, famiglia, educazione.
La netta affermazione al secondo turno dell’imprenditore ed ex presidente della Repubblica conservatore Sebastián Piñera lo scorso anno, in effetti, è stata resa possibile proprio grazie all’appoggio ricevuto da Kast che, nonostante l’ostracismo dei grandi media, ha conseguito un sonante 8% dei voti sulla sua persona al primo turno.
L’unione di questi consensi ha consentito al leader del centrodestra, alla guida della coalizione “Chile Vamos”, di vincere con oltre il 54% dei voti e conquistarsi così il secondo mandato. (altro…)

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Onu: era un pedofilo chi promosse i Diritti del Bambino

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Peter Newell, ex consulente dell’Unicef compì abusi su minori e successivamente implementò la Convenzione dei diritti del bambino, sponsorizzando negli Stati l’idea di “autodeterminazione” dei piccoli che oggi ne permette la sessualizzazione precoce.
Ma MacLeod, ex direttore Onu, ha dichiarato che sono 60 mila i casi di abuso commessi da circa 3.300 operanti nel settore.

 

Peter Newell, 77 anni, è un attivista dei diritti dell’infanzia ed ex consulente dell’Unicef e autore dell’implementazione della “Convenzione dei diritti del bambino”, promossa a Ginevra nel 1998 ed usata da tutti i governi del mondo. Peter Newell è stato accusato di pedofilia e condannato a sei anni e otto mesi di carcere a causa di abusi minorili compiuti ripetutamente dal 1960 al 1968.

I fatti sono venuti alla luce solo ora in seguito a un’indagine avviata nel 2017 in Gran Bretagna dopo che 125 attivisti inglesi operanti in alcune ong per l’infanzia erano stati accusati di pedofilia. Ma la dimensione del problema è stata resa chiara il 9 febbraio scorso quando il quotidiano britannico The Times ha pubblicato un reportage che accusa decine di dipendenti della Ong Oxfam di abusi sessuali anche su minori nei paesi in cui venivano realizzati interventi umanitari (fra gli indagati ci sono anche i dipendenti di Save the Children per 31 casi di abusi e di Medici Senza Frontiere).

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Co-genitori, la vertigine immorale dell’egoismo

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Un sito che si occupa di far incontrare la domanda e l’offerta di un figlio. Come? Con la semplice donazione di sperma: senza affetti, senza relazioni. E’ la Co-genitorialità, nuova pratica che segna l’abisso della fine della moralità e il trionfo del narcisismo egoista: il figlio è ormai un oggetto per la soddisfazione personale.

Il sito si chiama Co-Genitori.it  ed è nato nel 2008. In quel “Co-“ è racchiusa tutta la vertigine morale di questa piattaforma on line italianissima che fa incontrare domanda e offerta nel mercato dei bambini.

Due sono i servizi offerti ai suoi utenti, che devono sborsare solo 25 euro al mese per iscriversi e così contattare altri utenti: la co-genitorialità e la donazione di sperma. Partiamo da questo secondo servizio. In breve il sito permette a donne single, a coppie lesbiche  e a coppie eterosessuali di trovare un maschietto disposto a “donare” il proprio seme. Le virgolette sono d’obbligo perché nella contrattazione privata può capitare benissimo che il donatore si trasformi in venditore.

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Figli abusati: Moira, il padre gay e la madre lesbica

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La verità fa male ma va ascoltata, specialmente se a parlare sono figli che hanno vissuto l’incubo della violenza psichica e fisica da parte di genitori LGBT: il padre gay e la madre lesbica. 

Perché quando i figli subiscono abusi in famiglia sono sempre tutti molto attenti e pronti a gridare allo scandalo (giustamente); ma non in casi come questo.

Si tratta di Moira Greyland, figlia della famosa scrittrice di fantascienza Marion Zimmer Bradley (nella foto) e di Walter Breen, un’autorità di fama mondiale nella numismatica.

In un libro autobiografico, “The Last Closet: The Dark Side of Avalon”, rivela le inenarrabili violenze psichiche e gli abusi sessuali che ha dovuto subire dai suoi genitori biologici, lei e i suoi fratelli: il padre gay, la madre lesbica

La stessa Greyland risponde subito alle facili obiezioni che le vengono sollevate: «Ho sentito tutte le solite proteste: “I tuoi genitori erano malvagi perché erano malvagi, non perché erano gay”: non sono d’accordo. Il problema di fondo è un problema filosofico, ideologico, basato su convinzioni comuni alla cultura gay e che in una società ipersessualizzata si vanno diffondendo anche oltre il mondo LGBT: tutto ciò che riguarda il sesso è lecito, non importa cosa sia».

«Tutti i figli cresciuti con genitori gay con cui ho parlato hanno certe cose in comune» ed è anche per loro che Moira racconta la sua esperienza.

Sin da piccola è stata indottrinata a forza con l’ideologia LGBT, tanto che i genitori si sono mostrati profondamente delusi dal fatto che avesse sviluppato un’attrazione per il sesso opposto.
Il padre le contendeva  i ragazzi e la madre era una tiranna insensibile. Nel clima di profonda intolleranza che si respirava, Moira fu persino costretta a tenere segreta la sua conversione al cristianesimo. (altro…)

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