E’ la propaganda gender a far diventare omosessuali?
Le mode e la scelta di «cambiare sesso», un nuovo studio mostra il legame
L’influenza sociale, la visione continua di immagini e video che illustrano la possibilità di «cambiare sesso», la crescita in contesti familiari in cui si rifiuta la morale naturale (innanzitutto la complementarità uomo-donna e l’unicità del matrimonio) sono tra le cause principali che influiscono sulla crescente confusione degli adolescenti rispetto alla propria identità sessuale. È quanto emerge da uno studio pubblicato lo scorso 16 agosto su Plos One, un giornale basato sulla peer-review («riesame dei pari»), e condotto dalla ricercatrice e medico statunitense Lisa Littman, che lavora come assistente universitaria in scienze sociali e comportamentali alla Brown University.
Lo studio mette in luce una realtà sempre più dimenticata, che è l’esatto opposto dell’ideologia secondo cui il sesso sarebbe un «costrutto culturale», anziché un dato biologico. Non sorprende perciò quanto avvenuto nei giorni successivi alla sua pubblicazione e gli attacchi delle associazioni Lgbt, che si sono appigliate pretestuosamente alla metodologia usata (pazienza se simili scrupoli metodologici manchino proprio negli studi condotti da attivisti o ricercatori vicini alla galassia arcobaleno). La Brown University, dopo le pressioni ricevute, ha eliminato dal proprio sito l’articolo che parlava dello studio della Littman, adducendo tra i motivi che le conclusioni della ricerca «potrebbero essere usate per screditare gli sforzi a sostegno dei giovani transgender e invalidare le prospettive dei membri della comunità transgender». Il resto del comunicato della Brown University è un insieme di contraddizioni, su tutte il fatto che le ricerche vanno dibattute con vigore «perché questo è il processo attraverso il quale alla fine avanza la conoscenza» (allora come si spiega la censura? Forse perché bisogna far avanzare un solo tipo di «conoscenza»?), e si piega perfettamente al frasario tipico della neolingua.