Gedda, scienza senza eugenetica

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DIBATTITO
Uno dei pi? stretti collaboratori del genetista cattolico interviene sulle critiche di razzismo rivoltegli recentemente E ne ricorda atteggiamento etico e condizionamenti storici


Su Repubblica del 24 febbraio, Simonetta Fiori, prendendo spunto dal libro di Francesco Cassata ?Molti, sani e forti. L?eugenetica in Italia? (Bollati Boringhieri, pagine 396, prezzo 34,00 euro) firmava un articolo dal titolo ?Se il genetista ? un razzista. La destra cattolica di Gedda alla scuola di Mengele?, accostando la figura di Gedda a quella, niente meno, del pi? noto medico-sterminatore nazista. A due articoli in difesa del genetista cattolico apparsi su Avvenire il 25 febbraio (Andrea A. Galli) e l?8 marzo (Mario A. Iannaccone) ha risposto su Repubblica il 10 marzo Francesco Cassata, con replica di Iannaccone su Avvenire il giorno seguente. Un duro botta e risposta sempre sull?ultimo libro di Cassata si ? tenuto sul Foglio tra l?autore del libro e Giorgio Israel (21, 28 e 29 marzo). Su Gedda interviene oggi Paolo Parisi, ordinario di biologia allo Iusm di Roma.


Di Paolo Parisi
Avvenire – Agora di Mercoledi 05/04/2006

Conobbi Gedda nel 1959, e nonostante una diversa sensibilit? politica e una chiara distinzione di ambiti, collaborai per anni con lui all’Istituto Mendel, con particolare riguardo ai rapporti internazionali e al rilancio dello studio dei gemelli. Ho letto con interesse il saggio di Francesco Cassata (Molti, sani e forti, Bollati Boringhieri 2006) da cui il dibattito ha preso spunto, trovandolo nell’insieme, nelle parti a me note, approfondito e documentato, con un’analisi dei fatti che riflette bene, per le fonti su cui ? basata, l’ottica del gruppo di punta della genetica italiana in quegli anni, cos? come l’attuale clima politico-culturale in materia, e forse per questo risulta un po’ a tesi. In tal senso, vorrei provare a contribuire, con una visione un po’ pi? aperta alle complessit? delle persone e del contesto culturale, a quella ?lettura pi? obiettiva degli avvenimenti? di cui lo stesso Cassata, nel suo ultimo intervento su Repubblica (10 marzo) giustamente lamenta la mancanza.
Mi riferisco alla tesi di una ?stretta collaborazione? di Gedda con von Verschuer, noto per i suoi studi sui gemelli e influente esponente della ?biologia delle razze?, nel cui Istituto di Francoforte si laure? il criminale nazista Mengele – dal che Repubblica titola a tutta pagina, ?La destra cattolica di Gedda alla scuola di Mengele?.
In realt?, Gedda ebbe contatti con innumerevoli personalit? del mondo scientifico dei pi? diversi ambiti e paesi, e in particolare con chiunque si fosse occupato di gemelli. Quindi anche con von Verschuer, ma per quanto ricordo dall’archivio di quegli anni, i rapporti furono molto limitati.
Va poi detto che Gedda, imbattutosi casualmente nei gemelli nel 1943 e compresone il valore per le ricerche sull’ereditariet? delle malattie, ne aveva intrapreso uno studio sistematico, raccogliendo accuratamente tutto ci? che era stato scritto sull’argomento, compilando migliaia di schede bibliografiche e procurandosi i relativi estratti, poi rilegati in un centinaio di volumi. Ne risult?, nel 1951, il trattato Studio dei Gemelli (1381 pagine, 7300 citazioni), poi tradotto negli Stati Uniti e tuttora considerato un classico, cui seguirono la fondazione di una rivista internazionale (1952) e dell’Istituto Mendel (1953), primi ad essere esplicitamente intitolati alla genetica medica.

Ora, von Verschuer si era occupato di gemelli fin dal 1925, con lavori ritenuti fondamentali, ed era un riferimento obbligato. Su questa base Gedda lo consider? un pioniere del settore e gli rese merito, certo in forme enfatiche, come era nel suo stile e come fece per tanti altri. Ma quando poi, alla vigilia del congresso internazionale di genetica umana che organizz? a Roma nel 1961 e che segn? il decollo della nuova disciplina, apprese da colleghi tedeschi che von Verschuer era considerato pesantemente compromesso con il regime nazista, Gedda mut? atteggiamento. Il nome di von Verschuer, che pure era autorevole esponente del Comitato nazionale tedesco, perse ogni rilievo al congresso (nel Comitato internazionale che ne scatur? per curare gli sviluppi della genetica umana, i genetisti di lingua tedesca furono rappresentati da Mainx) e in ogni successiva attivit?. Da allora, non ricordo vi siano stati pi? rapporti. Quanto a Mengele, Gedda non poteva saperne nulla, come peraltro tanti, credo, fino a molti anni dopo. Peraltro, nell’elenco delle pubblicazioni di von Verschuer apparso nel 1956, e in cui pure compaiono 141 titoli e numerosi collaboratori, il nome di Mengele non compare mai. L’unica traccia, ? la presenza, tra le 7300 citazioni di Gedda, di un suo articolo del 1939 sull’ereditariet? del labbro leporino.
Gedda era certamente legato alla cultura costituzionalistica del suo tempo, ma anche per chi voglia considerare questo un limite, associare il suo nome a quello di Mengele, e con tanta enfasi, ? francamente del tutto fuori luogo, oltre che di dubbio gusto. Viviamo tempi non facili, e la qualit? dello scontro politico e culturale in atto ? spesso deprimente, ma abbiamo davanti temi di straordinaria rilevanza e sarebbe auspicabile che le ragioni di una parte rispetto all’altra potessero avvalersi di pi? solidi fondamenti.

Su altri punti non mi soffermo. Gli studi di Gedda sul talento sportivo hanno solo rappresentato un primo tentativo, forse elementare, di accostarsi a una tematica rimasta di attualit?, che la ricerca oggi affronta evidentemente con altri mezzi, ma sostanzialmente sulla stessa linea di pensiero. Associare questo al razzismo ? fare confusione. N? si pu? trascurare il contesto culturale dell’epoca. La visione costituzionalistica ha permeato la medicina europea per tutta la prima parte del Novecento, restandovi poi fortemente radicata. Il concetto di biotipo e l’antropometria sono stati fin di recente impiegati in diversi ambiti: in antropologia come in endocrinologia, auxologia, medicina dello sport, tecniche di allenamento e selezione degli atleti, ecc. Ancora negli anni ’70, uno dei principali gruppi editoriali medici italiani pubblicava una rivista di Endocrinologia e Scienza delle Costituzioni, come a lungo ce ne furono in altri Paesi. Nelle facolt? di scienze, a cominciare da Roma dove era preside Montalenti, si sosteneva un esame di “biologia delle razze”, in cui si insegnavano classificazioni non diverse da quella adottata anni prima da Gedda. E l’insegnamento fondamentale di biologia e genetica alla facolt? di medicina si ? a lungo chiamato “biologia e zoologia generale compresa la genetica e la biologia delle razze”, per cambiar nome solo nel 1989.
Gedda fu una figura complessa, e l’integralismo che caratterizz? con forza la sua azione politica, il grande seguito e il potere di cui dispose, non potevano non suscitargli aspre critiche e inimicizie, e non solo a sinistra. In quegli anni di forti tensioni e opposti schieramenti, di ferite mai rimarginate e pesanti incertezze, l’ostilit? si estese dal piano della politica a quello della persona. Ma credo che la sua attivit? scientifica sia stata criticata al di l? di quanto potessero giustificare il suo approccio generalista incline all’intuizione, la visione costituzionalistica o i limiti, poi superati, dello studio dei gemelli e la loro messa in ombra dai nuovi sviluppi della genetica. L’ostracismo fu poi tolto dai vertici dell’associazione del settore, che gli dettero atto del contributo da lui dato alla costituzione della genetica medica e ne promossero l’ingresso nell’associazione stessa nel 1962; ma altri si sentirono traditi e rimase in molti un risentimento, di cui forse si avverte ancora un po’ l’eco.

Temuto negli anni del potere, ma personaggio scomodo e inviso a molti, fu poi rapidamente rimosso, anche da parte di chi forse avrebbe avuto motivo di apprezzamento, salvo ad essere ogni tanto richiamato in causa come simbolo dell’integralismo cattolico. Pur essendogli stato a lungo vicino, non mi sentirei di azzardare giudizi d’insieme. Non condivisi le sue posizioni e non glielo nascosi, ma sempre ne apprezzai le capacit?, il carattere e la forza d’animo. Al di l? dei suoi limiti e delle luci e ombre di quasi un secolo di vita, egli fu certamente uomo di profondo impegno morale, guidato da principi che, se lo spinsero ad affermare con forza le sue idee, sempre vedevano al centro il rispetto dell’essere umano, quale che ne fosse il colore della pelle o il credo politico; coerentemente con quanto, com’? stato ricordato, egli scriveva gi? nel 1938 sulle misure limitative del razzismo tedesco, criticandole sul piano scientifico e su quello etico ?per il significato restrittivo che posseggono e cio? per l’azione limitatrice di esse sulla personalit? umana?.