Nei primi giorni di dicembre il Dipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, organismo istituzionalmente dedicato alla prevenzione e al monitoraggio delle tossicodipendenze, ha diffuso la sua annuale Relazione al Parlamento sullo stato delle varie dipendenze in Italia, utilizzando dati relativi per la gran parte al 2018. Colpisce l’indifferenza mediatica al documento, ignorato da quasi tutte le testate.
Premesso che la Relazione va studiata nell’interezza delle sue quasi 300 pagine – http://www.politicheantidroga.gov.it/it/attivita-e-progetti/relazioni-annuali-al-parlamento/relazione-annuale-al-parlamento-sul-fenomeno-delle-tossicodipendenze-in-italia-anno-2019-dati-2018/ -, provo a ricavarne un abstract, da intendere come invito alla lettura, diviso per voci significative.
Tre dati emergono fra i tanti, e chiamano in causa:
- la diffusione delle sostanze stupefacenti, che ha raggiunto un terzo della popolazione giovanile;
- l’insuccesso della prevenzione, correlata al grado di consapevolezza;
- l’inesistenza del recupero.
Va poi aggiunta qualche annotazione sul contrasto e sui costi.

Non è un mistero il sostegno dato da Hollywood all’aborto. Ed ora, dopo la decisione della Corte Suprema, che lo scorso anno negli Stati Uniti ha ribaltato la sentenza Roe vs. Wade , e dopo la conseguente decisione di molti Stati americani di ridurre drasticamente la facoltà d’uccidere bimbi in grembo, puntuale si è levata la voce di Jane Fonda, sempre sconcertante: l’irriducibile femminista filo-abortista ha dichiarato che i politici pro-life andrebbero «assassinati».
Qualche giorno fa, finalmente, il Ministero della Salute ci ha svelato l’orrore della Relazione ministeriale sull’applicazione dell’iniqua legge 194/78 nell’anno 2018.
Roberto Marchesini: quarantena e Tso, perché il pericolo non è solo il virus.
L’alto prezzo della debolezza cattolica (1). Ho la fortuna, nella mia missione internazionale per Human Life International, di avere la frequente opportunità di visitare le Filippine, un posto che considero una seconda casa.
«Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo». Celebri parole di Giulietta in Romeo e Giulietta di Shakespeare. È vero quanto afferma l’adolescente veronese? A volte sì. Uno stesso oggetto può essere indicato con parole differenti, ma tali lemmi, posto che il loro significato convenzionale sia il medesimo, farebbero riferimento sempre allo stesso ente: “tavolo”, “table”, “mesa”. Cambia il termine a seconda della zona geografica, ma l’essenza di ciò che indica è sempre la medesima. Ma questo non sempre capita: un essere umano maschile deve essere indicato da un termine maschile. Ad un neonato maschio possiamo dare il nome di “Mario”, “Stefano”, “Claudio”, ma non di “Maria”, “Stefania”, “Claudia” dal momento che questi ultimi nomi tradirebbero l’identità di quel bambino, non corrisponderebbero alla realtà, che in questo caso è una realtà sessuata maschile.
I dati della Relazione pubblicata ai primi di dicembre nell’indifferenza generale
“Tutti noi qui comprendiamo una verità eterna: ogni bambino è un dono prezioso e sacro di Dio”
Di fronte all’aumento di aborto e delle vendite di pillole abortive si pone una domanda: è davvero utile l’uso degli anticoncezionali?
Rapporto 2018 sugli aborti in Emilia-Romagna: si continua a nascondere la crescente diffusione delle pillole abortive.