I fatti parlano: Gedda non fu un eugenista

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di Mario A. Iannacone


da Avvenire, 11 marzo 2006

Senza nulla togliere ai meriti di Francesco Cassata, e all’interesse del suo volume ?Molti, sani e forti?, riconosciamo nel commento pubblicato ieri su “Repubblica”, a firma dello stesso, la medesima tendenziosit? nel trattare il personaggio Luigi Gedda, gi? vista nel libro, per tacere dell’abbaglio di una supposta “difesa” di Verschuer del tutto assente dalle pagine di “Avvenire” (si rileggano attentamente gli articoli). Le accuse nei confronti di Gedda si basano principalmente su due punti: l’uso del concetto di “razza” in alcuni scritti, e i contatti accademici da lui intrattenuti con scienziati come Otman von Verschuer. Venendo al primo, ricordiamo che Luigi Gedda nacque nel 1902 e si form? in un clima culturale e scientifico ancora influenzato dal positivismo, che non poteva non lasciare impronta nel linguaggio e nella strumentazione concettuale da lui impiegata. Sarebbe pertanto antistorico pretendere da uno studioso di quella generazione l’astrazione dal suo ambiente formativo e dai concetti che lo abitavano, compreso quello di razza. Se la scienza ? arrivata a superare tale concetto lo si deve, appunto, al tempo e allo slittamento dei paradigmi scientifici. Tuttavia, quando altri, sulla base di quella stessa formazione, elaboravano pratiche eugenetiche violente e lesive della dignit? umana, Gedda non lo faceva. Va ascritto a suo merito, dunque, e non a suo torto, il fatto che, pur immerso in quella cultura, non ne segu? la deriva, e non ne pieg? i concetti alla violenza. La difesa che qui si argomenta, pertanto, non ? ?acritica?, come scrive Cassata, ma ? il risultato di una meditata lettura dei dati e dei fatti presentati nel suo libro. Sappiamo tutti che gli stessi “fatti” possono subire valutazioni diverse – l’opinione ha inevitabilmente un colore – ma non tanto da trascurare un dato: Luigi Gedda non si ? mai fatto ispiratore o sostenitore di provvedimenti che oggi vengono propriamente ascritti all’eugenetica “negativa”. Ecco perch? l’accostamento della sua figura a Mengele, presente nell’articolo di “Repubblica” del 24 febbraio, ? assolutamente inaccettabile, considerata la statura criminale dello scienziato nazista. E qui veniamo al secondo punto. Nel libro qui recensito l’8 marzo, ?War against the weak?, Edwin Black riconosce che nel dopoguerra l’intero mondo dell’eugenetica internazionale mut? nome autodenominandosi genetica. Il sistema delle relazioni scientifiche si riconfigur? con comprensibile lentezza, districandosi fra il vecchio, il nuovo e le responsabilit? individuali del periodo di guerra che non sempre furono riconosciute e denunciate. Spetta alla ricerca storica stabilire, ma su questo punto con ancora maggior precisione, quando il mantenimento di un contatto professionale passa dall’imprudenza alla connivenza. Cassata sottopone al fuoco della critica l’omaggio tributato da Gedda a Verschuer nel 1956 (pagine 334-5); ma appare comunque determinante – se il giudizio storico deve farsi giudizio morale – la rettitudine personale e la distanza del medico da ogni pratica antiumana. Su tutto ci?, allo stato attuale dei “fatti”, e al di l? del processo alle intenzioni, il libro di Cassata non ha fornito argomenti decisivi ma semmai spunti per ulteriori dibattiti.