Il lavoro prolife in internet

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Il lavoro pro life nell’internet
 
Preambolo
 
Questa comunicazione avrebbe dovuto inizialmente intitolarsi “Entità pro-life (Europa)” ma, a causa della vastità dell’argomento, è stata circoscritta all’ambito della comunicazione attraverso internet.
Pertanto, nel tempo assegnatomi, selezionerò alcune tendenze e “casi” che possano in qualche modo essere oggetto di riflessione per l’azione pro-life.
 
Suddivido la trattazione in due parti:
1. Cosa fanno i prolifers in internet
2. L’attività di lobbying pro life attraverso internet
 
Nella prima parte distinguerò quattro diversi tipi di presenza dei prolifers nel Web
1.A) Informazione
1.B) Formazione
1.C) Preghiera e altro
1.D) Pressione o lobbying
 
Nella seconda cercherò di evidenziare diverse caratteristiche del lobbying attraverso il Web, evidenziando:
2.E) la metodicità: regolari o occasionali
2.F) il ruolo dell’eventuale sponsor
2.G) internet solo come “vetrina”
 
Per ciascuno dei sette punti cercherò di proporre
– almeno un case study esemplificativo, evidenziandone i tratti salienti
– i risultati ottenibili e le criticità permanenti e occasionali
– alcuni indicatori per un’efficace azione di pressione per la vita svolta attraverso il Web.

Premessa
 
E’ sempre utile sottolineare che
internet si differenzia dagli altri mezzi di comunicazione
almeno per le seguenti caratteristiche:
 
– diffusione costantemente in crescita
. Banda larga: il 2006 ha registrato il boom dei collegamenti a “tariffa fissa”, passati da 1,5 a 3,7 milioni (Niche Consulting, Dec 2006);
. le famiglie digitali italiane, sono arrivate ormai alla quota del 60% della popolazione (Rapporto e-family 2007, presentato da Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, May 2007);
. nel 2008 è previsto il “sorpasso” del traffico internet: sarà più da casa che dalle aziende (Cisco, Oct 2007);

– basso costo: una grande difficoltà della propaganda ante internet consisteva nel denaro necessario alle spese tipografiche e/o mediatiche, all’affrancatura, alla cancelleria, al mantenimento degli indirizzari;
. oggi, invece, una persona qualunque può far apparire un proprio sito Web senza alcuna spesa: tutti siamo potenziali editori;
. il boom dei blog ha enfatizzato questa caratteristica permettendo la proposta di pagine dall’aspetto professionale, contenenti immagini e dotate di feed rss-xml;
. anche youtube, il podcasting e il peer-to-peerfilmati e suoni – iniziano a venire utilizzati dai prolifers;

– velocità: altra grande difficoltà della comunicazione ante internet era costituita dal tempo necessario per predisporre, stampare, imbustare, affrancare e far recapitare una informazione;
. oggi, invece, attraverso qualunque motore di ricerca e pochi click si ottiene un universo di informazioni;
. anche la diffusione di informazioni – specialmente attraverso la posta elettronica – è enormemente facilitata e velocizzata: si possono informare migliaia di persone in poche ore e, a volte, minuti.

Probabilmente sono le due ultime caratteristiche che hanno spinto alcuni pro life ad utilizzare – fin dal suo sorgere! – questo media per sensibilizzare la gente.

1.A) Informazione
 
E’ la parte preponderante del lavoro pro life in internet. Anche chi svolge opera formativa o di lobbying fornisce informazioni utili a rendere attuale il libro proposto o la campagna. E’ impossibile (e forse superfluo) contare anche solo approssimativamente quanti siti svolgono informazione per la vita: vale invece la pena concentrarsi sulle modalità e i contenuti di quanto viene comunicato.
 
Modalità. Distinguo tra “generalistica” e “specializzata”.
Con la prima si inseriscono poche informazioni pro life all’interno di molte altre: lo scopo è di “catturare” il lettore che ancora non è pro life, sensibilizzandolo alle tematiche per la vita.
Un formidabile esempio di questo modus operandi è l’agenzia di stampa cattolica Zenit.org, la quale non solo esce in 7 lingue, ma – essendo gratuita – ha un altissimo numero di abbonati. Così, tra una notizia sull’ecumenismo e una sull’immigrazione, Zenit.org inserisce abilmente la lettera di un lettore ostile alla Humanae vitae, traendone occasione per confutare alcune obiezioni contro l’etica sessuale.
Per modalità “specializzata” intendo invece la diffusione di molte informazioni e notizie esclusivamente pro life. Il destinatario non può che essere un ristretto pubblico già convinto. Lo scopo di questo approccio non è soltanto di “aggiornare”, ma anche di accrescere la consapevolezza ed eventualmente “mobilitare”. 
Un buon esempio di questo approccio è la “Rassegna stampa dell’MpV” curata dal Dott. Nardi e la newsletter, meno regolare, del
www.comitatoveritaevita.it .
E’ da sottolineare che gli esempi fatti riguardano solo internet, non vengono diffusi su carta.
 
Contenuti. Riguardano soprattutto articoli di giornale e opinioni personali. Attiro invece la vostra attenzione sull’utilità della diffusione di video ed immagini.
In occasione del Referendum contro l’aborto uno degli strumenti migliori dei prolifers  era il “Manuale sull’aborto” di Barbara e Jack Willke. Uscì nel 1978, costava 3.000 lire e ne furono stampate circa 5.000 copie. Forse non tutti ricordiamo quanto c’era scritto, ma sicuramente non abbiamo dimenticato quelle raccapriccianti fotografie di bambini uccisi: assieme a quelle di feti in vita erano l’argomento più invincibile che avessimo.
Oggi quelle fotografie e molte altre, assieme a notissimi filmati quali “The silent scream” (doppiato persino in portoghese: www.juntospelavida.org), sono su migliaia di siti e blog, visti ogni giorno da moltissime persone.



1.B) Formazione
 
Per attività di formazione intendo principalmente la diffusione del libro o del saggio in formato elettronico.
Il destinatario di questo tipo di lavoro è, naturalmente, un uditorio molto più ristretto che per l’attività di informazione. Il fine di questa attività è produrre consapevolezza e convinzioni molto più radicate. L’immagine, il video e l’articolo, infatti, producono emozioni ed entusiasmo, ma è solo il saggio che da’ luogo a convinzioni radicate.
 
In questa prospettiva il primo e maggiore esempio da portare è il Portale della Pontificia Accademia per la Vita. Www.academiavita.org, che è in tre lingue (inglese, italiano e spagnolo), benché libri in esso contenuti siano in varie altre lingue. Purtroppo non è dato conoscere quanto venga utilizzato e letto.
Una buona opera formativa è svolta pure dal Portale francese www.genethique.org nella parte dei “Dossiers à thème”.
Altri libri e saggi sono difficilmente reperibili, ovvero gli “e-book” sono sparsi qua e la’ e da ricercare appositamente attraverso i motori di ricerca: in altre parole, mi pare che manchi un Portale di grande visibilità, che si occupi di diffondere gratuitamente testi e saggi pro life.
Credo perciò che possa far riflettere questo esempio: qualche anno fa, un sito poco importante diffuse una versione elettronica del libro di Mons. Lino Ciccone “Eutanasia. Problema cattolico o problema di tutti?”. Oggi tale volume è reperibile su almeno una ventina di siti: c’è fame di formazione?
 
 
Introduco in questa sezione una veloce nota sul ruolo formativo svolto dalla cosiddette Comunità virtuali”, intendendo con questo termine l’insieme di modalità con cui le persone entrano in relazione grazie ad internet, parlano tra loro e approfondiscono i temi etici e religiosi: dalle mailing list ai newsgroup, dai forum on line alle chat di preghiera.
Queste “comunità”, essendo particolarmente conformi alla natura un poco “anarchica” del Web, sono centinaia e attirano numerose persone. I numeri vanno grosso modo dai 100 ai 500 iscritti: pochi intervengono, quasi tutti leggono. Tuttavia, esse svolgono paradossalmente anche un importante ruolo formativo. Infatti, è da notare come in alcuni casi, persone che ne sono entrate a far parte quasi per passatempo, siano finite per divenire dei veri “militanti” pro life del Web. E’ l’itinerario percorso – ad esempio – da una delle responsabili di Totustuus.net che modera la piccola Mailing List “Difendiamo la Vita” (http://it.groups.yahoo.com/group/DifendiamolaVita/).

1.C) Preghiera e altro
 
Un fenomeno di difficile interpretazione è costituito dai Gruppi di Preghiera che decidono di dar corso a “crociate di preghiera” pro life.
Si tratta di piccole realtà che non sempre operano soltanto in internet, ma che da internet raccolgono consensi e soci. Se non erro il primo gruppo di questo genere fu www.rosairepourlavie.org, seguito dall’italiano Difendere la vita con Maria (www.advm.org).
All’apparenza si tratta di realtà che non coinvolgono soltanto prolifers già convinti, ma anche che sensibilizzano anime pie e oranti alle tematiche pro vita.
 
Ad esempio, il Portale britannico “Christian Action Research and Education” (www.care.org.uk) svolge una buona opera formativa, richiama alla necessità della preghiera per la vita e dà corso a campagne di sensibilizzazione, senza tuttavia usare internet e le e-mail come canale preferenziale.
 
Mi sembra unico, poi, il caso dell’italiano www.dueminutiperlavita.info, nato da una Mailing List di ca. 400 iscritti costituitasi come supporto al Referendum contro la fecondazione artificiale.
Al termine del voto referendario la Mailing List diviene un Gruppo di Preghiera ed aumenta la propria consistenza: l’entità dell’impegno richiesto – dedicare ogni giorno due minuti a pregare per la vita – facilita la sua diffusione. Si trasforma poi in Blog, quindi sito anche d’informazione. Recentemente, da’ addirittura corso ad un’azione di pressione sull’attuale sottosegretario al Welfare, dovuto a sue non chiare dichiarazioni all’Ansa in tema di obiezione di coscienza dei medici.

Davvero il mondo pro life ha moltissime sfaccettature!
 
 
 



1.D) Pressione o lobbying
 
Ho lasciato per ultimo il “lavoro” sul quale voglio maggiormente attirare la vostra attenzione: quello che è ormai comunemente chiamato lobbying.
Ne propongo una definizione del termine presa da www.lobbyingitalia.com (Portale vicino al mondo industriale, con un’esaustiva bibliografia, il cui team curaun Master in "Public Affairs, Lobbying e Relazioni Istituzionali" presso la LUMSA di Roma):
Il termine gruppo di pressione ha, nella lingua italiana, un sinonimo acquisito dalla tradizione anglosassone: lobby. […] lobby viene usato correntemente anche per indicare un certo numero di gruppi, organizzazioni, individui, legati tra loro dal comune interesse di incidere sulle istituzioni legislative”.
Ho conosciuto il lobbying pro life in Spagna, nel 2003, quando fui invitato ad un congresso del Portale di Lobbying pro life HazteOir.org. Questa associazione importò dagli USA le tecniche di pressione attraverso internet (http://grassfire.org/). Così, nel 2003, nacque il primo Portale italiano di lobbying etico: www.fattisentire.net.
HazteOir.org continua ad operare, benché il suo lavoro abbia risentito del contesto istituzionale e politico spagnolo, nel quale la rappresentanza parlamentare degli schieramenti pro life e pro choice conosce molte meno sfumature rispetto all’Italia.
Di più, nel momento in cui HazteOir.org conosceva la sua massima efficacia, non esisteva in Spagna un’entità come il Forum delle Associazioni Familiari italiano che è, di fatto, la lobby pro life di riferimento per l’Italia.
 
La peculiarità del lobbying via internet, è costituita dall’utilizzo di software che possiamo chiamare “portalettere”: sistemi che mettono in contatto diretto l’elettore con i suoi rappresentanti, senza mediazioni o rappresentanze.
         Questo sistema è la garanzia della sua efficacia, poiché i politici (o le case farmaceutiche o gli altri enti oggetto della pressione) non sono assolutamente abituate ad avere un rapporto reale con il proprio elettorato. Di più: un deputato che risponde via e-mail al suo elettore, naturalmente ne guadagna la simpatia ma è costretto a “mettersi in gioco” con il paese reale.
I risultati ottenuti da HazteOir.org sono molto differenziati: dal cambiamento del voto di un deputato al ritiro di “Guide per l’educazione sessuale” nelle scuole spagnole.
Ovviamente, l’efficacia del lobbying è funzione del numero di persone – cioè, in definitiva, di e-mail – che si riescono a contattare e “mobilitare”. Nel 2002 HazteOir disponeva di ca. 9.000 e-mail.
         A mio giudizio, tuttavia, il maggior risultato che il lobbying pro life ottiene non è sul rappresentante politico ma, ancora una volta, sul suo elettore. In tutti i casi che conosco, il lobbying è sempre un altro modo di svolgere un’opera informativa, formativa e di sensibilizzazione.

2.E) La “metodicità” del lobbying pro life: regolari e occasionali
 
Un aspetto da mettere a fuoco nel valutare l’efficacia del lobbying pro life, è costituito dalla metodicità con cui svolge il suo lavoro.
 
Un esempio può aiutare a capire. Www.euro-fam.org è una nota lobby pro fam belga la cui peculiarità consiste nello svolgere un monitoraggio costante dell’attività – legislativa  e non – della UE. In base all’insorgere di minacce alla vita o alla famiglia, Euro-fam.org lancia delle “alerte action” alle e-mail della sua banca dati. Inoltre, in base al comportamento degli eurodeputati rispetto ad una determinata proposta di legge o votazione, essa stila una “pagella online” che viene costantemente aggiornata.
Questa attività si svolge ininterrottamente dal 2003 e mi sembra il miglior esempio di un lobbying regolare. Naturalmente, a causa del lavoro da svolgere per mantenere tale regolarità, è necessario che in euro-fam.org vi sia personale dedicato, ossia che percepisce uno stipendio. E’ così che si è scoperto che euro-fam.org è sostenuto da un eurodeputato, cosa che ne ha fatto un po’ perdere la credibilità.
D’altro canto, è sintomatico che fattisentire.net – composta esclusivamente da volontari part time – non sia ancora riuscita ad aggiornare i propri indirizzi e-mail dei politici italiani dopo ben 3 mesi dalle elezioni.
 
Anche il lobbying occasionale ha una dignità ed efficacia collegate al fatto di essere una manifestazione di insofferenza popolare.
Gli inglesi di www.aliveandkickingcampaign.org sono un esempio di questa insofferenza a lungo repressa, che esplode nell’anniversario della legge abortista e da’ luogo ad una raccolta di quasi 40.000 firme, purtroppo consegnate in forma solo cartacea, attraverso la problematica figura del “rappresentante” soltanto al Primo Ministro inglese.
Diverso mi sembra il caso dei francesi di www.30anscasuffit.com, che ai tempi della prima “Marcia” hanno ottenuto molto spazio nei media: internet sembra percepita solo come “vetrina” sul Web. Ne parlerò poi.
 
Non so dire se, per influenzare le scelte dei rappresentanti politici, sia più efficace un’azione regolare della stessa lobby o azione estemporanee di lobbies diverse.
Per giunta, una modalità di lobbyng può funzionare in un certo contesto e in un determinato periodo, per poi diventare inutile. 
Di fatto, come avete già intuito, sono molti i fattori che entrano in gioco per valutarne l’efficacia. Eccone alcuni altri.

2.F) il ruolo dell’eventuale sponsor
 
E’ normale che, di fronte ad un’azione di lobbying organizzato, la prima domanda che tutti si fanno è: “chi c’è dietro?”.
Storicamente, le prime lobbies nascono presso il Congresso USA e sono espressione di interessi economici. Anche oggi, in ambito UE, le maggiori lobbies sono sponsorizzate da gruppi industriali e similari: ne abbiamo già incontrata una (lobbyingitalia.com) che fa naturalmente parte di un più grande “consorzio europeo”: l’EULOBBY-NETWORK (ELNET).
 
In ambito pro life non è affatto scontato dire che la forza del lobbying dipende dal fatto di rappresentare una parte reale del paese.
Molto spesso, infatti, si sostiene che ogni forma di lobbying etico faccia riferimento alla Chiesa Cattolica o, comunque, ad una confessione religiosa.
Così, per chi subisce la pressione, è sufficiente individuare un interlocutore autorevole della Chiesa Cattolica e “negoziare” con esso, attività che sa fare meglio di ogni altra.
Queste considerazioni valgono a fortiori nel caso in cui lo sponsor della lobby sia una determinata parte politica.
 
Abbiamo già incontrato alcuni esempi nei quali lo sponsor con cui “negoziare” è stato individuato immediatamente.
Aggiungo qui il caso della britannica www.prolife.org.uk che, nel 1997, è stata un partito politico (si tratta di un’esperienza fondamentalmente e sostanzialmente diversa da quella della recente lista per la moratoria in Italia), si è fatta contare, ha “contato poco” ed è tornata ad essere lobby. D’accordo, l’insuccesso è stato dovuto alla censura della BBC e ad altre questioni, ma si deve tener conto di queste esperienze.
         Di segno opposto – ma con la stessa “lezione” – è risultato il “contare” i voti della lobby gay nel 2004 (cfr. “Lobbies anti-famiglia: i risultati” in 
 
D’altro canto, l’unico modo per ovviare alla presenza dello sponsor è quello di godere dell’appoggio di un vastissimo numero di persone, che per internet non vuol dire soltanto un vastissimo numero di e-mail, ma anche di rapporti e relazioni con il mondo del massmedia tradizionali. E’ evidente che si tratta di qualcosa di molto difficile, anche dopo anni di lavoro.
 
 
 



2.G) internet solo come “vetrina”
 
La maggior parte delle lobbies pro life svolge la propria azione nel paese reale, trascurando di servirsi tematicamente anche della diffusione e velocità di internet per i propri fini. Ciò coincide spesso con la consapevolezza della propria capacità di comunicazione attraverso i canali tradizionali e l’uso di internet diviene per queste soltanto una “vetrina” (il “sito istituzionale” o poco più). Anche perché le campagne di sensibilizzazione fatte da questi grandi organismi si svolgono ancora quasi esclusivamente nelle piazze, nelle parrocchie, con conferenze, incontri, ecc. Nonostante la “censura” da parte dei principali mass media, essi ottengono grandi risultati intermini di adesioni e non hanno per il momento motivo di investire nel Web.
D’altro canto, se chi utilizza i canali tradizionali decidesse di dotarsi anche del canale Web, si troverebbe nella necessità di disporre di un alto numero di e-mail perchè la “e-campagna” abbia qualche risultato. Se, come in ogni ambito, anche in internet non ci si improvvisa, come potrà una lobby tradizionale raccogliere le 20.000 e-mail per ottenere le quali fattisentire.net ha avuto bisogno di 4 anni?
Siamo di fronte a un corto circuito? Rinunciando a mettere in diretto contatto l’elettore con l’uomo politico, come si può evitare il rischio che costui cerchi di “negoziare” le leggi sulla vita con l’interlocutore di turno?
 
Oltre al Forum italiano, ricadono in questa classificazione la francese “Alliance pour les Droits de la Vie” (www.adv.org), la federazione portoghese Aborto a pedido? Não!” (www.abortonao.net) e la federazione di lingua tedesca “Aktion leben” (www.aktion-leben.de) che offre servizi non solo nella Repubblica Federale, ma anche all’Austria e ai Cantoni elvetici germanofoni.
L’unica eccezione in questo complesso e confuso panorama sembra essere la storica (1966) “Society for the Protection of Unborn Children” (www.spuc.org.uk), associazione che svolge un lobbying pro vita sia nelle piazze che attraverso internet.
 
Fa riflettere un ultimo aspetto: tutte queste grandi realtà europee operano in modo scollegato, proprio in un periodo storico di unificazione. Forse internet potrebbe favorire una reciproca conoscenza e coordinamento?
 
 
Questa comunicazione non ha una conclusione poiché, come ho già detto, in internet non vi sono certezze. Tuttavia, se è vero che, tra le sfide del Terzo Millennio, è fondamentale quella relativa alla difesa della vita (Giovanni Paolo II, 22-12-81), l’unica certezza che mi sento di proporvi è di affidare il vostro eventuale lavoro alla «guida sicura del nostro cammino», cioè alla «Stella della nuova evangelizzazione» (Giovanni Paolo II, Novo Millennio Inneunte 58).