Il bioeticista Tommaso Scandroglio intervista il giudice Giacomo Rocchi sui temi del libro recentemente edito.
«Ciò che ci differenzia dalla Francia è che oltralpe si muore per decisione diretta dei medici. E’ quello che ci attende con l’intimazione della Corte Costituzionale per una norma che stabilisca che il medico possa uccidere direttamente». Che fare? «L’unica strada è modificare la Costituzione e spazzare via le cattive sentenze».
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C’è una tematica in bioetica che probabilmente in futuro non troppo remoto ci riguarderà tutti da vicino, volenti o nolenti. Si tratta dell’eutanasia. Se aborto, fecondazione artificiale e contraccezione potrebbero anche non interessarci direttamente perché le rifiutiamo in radice, ecco che per l’eutanasia le cose potrebbero andare diversamente e un domani molti di noi, anche obtorto collo, potrebbero finire anzitempo sottoterra con il beneplacito della legge.
Questo scenario appare plausibile se poniamo mente ad alcuni casi di cronaca, quali quelli che hanno interessato Eluana Englaro e i piccoli Charlie Gard ed Alfie Evans, e se andiamo ad analizzare il contenuto della legge sulle Dat n. 219 del 2017 e dei differenti disegni di legge, attualmente al vaglio del Parlamento, che vogliono rendere ancor più facile la diffusione delle pratiche eutanasiche nel nostro Paese. E cronaca e diritto sono i due ambiti indagati dal magistrato della Corte di Cassazione Giacomo Rocchi nel suo ultimo libro Licenza di uccidere. La legalizzazione dell’eutanasia in Italia. Un agile libretto, perfetto per comprendere cosa sia successo in Italia in merito alle tematiche di fine vita e soprattutto per capire dove stiamo andando: un validissimo sussidio per formarsi e per essere in grado di argomentare con amici, parenti e colleghi su tematiche complesse. Rocchi, come al suo solito, con competenza e profondità, unite a grandi capacità divulgative, disegna con chiarezza uno scenario inquietante che chiama ciascuno di noi a scendere in campo e non a rimanere passivi. La Nuova BQ l’ha intervistato.
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