Decalogo contro la pillola RU486

1. Un aborto è sempre un aborto. La modalità – chimica o chirurgica – con cui si realizza non cambia la sua natura di “delitto abominevole”, poiché non varia la volontarietà di provocare la eliminazione di un essere umano innocente.

2. L’ aborto chimico non è meno pericoloso per la salute della donna. Le notizie accertate di 29 morti riferibili direttamente all’uso dell’Ru 486 sono un dato che mostra come questa metodica sia dieci volte più pericolosa di quella chirurgica per la salute della donna. Ovviamente, entrambe sono ugualmente letali per la vita del concepito.

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RU-486: l’infanticidio mal celato

L’RU486 ovvero: l’infanticidio non sarà che un aborto a nove mesi

L‘appello referendario a trattare l’embrione di un essere umano come un’appendice dei nostri desideri ha raccolto il consenso di un elettore su quattro a metà giugno.
La cosa potrebbe non avere un grande valore, perché su simili questioni in linea di principio non ci si dovrebbe contare: l’etica pubblica non è un’appendice della politica e della statistica elettorale, è piuttosto cultura e pensiero per i non credenti, religione e fede per i credenti. Ed è angoscia esistenziale per tutti, o dovrebbe esserlo.
La decisione su vita e morte di un essere umano concepito richiederebbe altre procedure che non il consenso della maggioranza.
Per esempio un potere affidato ai "saggi", indipendente in modo rigoroso dalle pulsioni della politica di massa. Fino a ieri si tutelava con le Authority indipendenti e sovrane come Bankitalia perfino la moneta o la stabilità delle banche, valore superiore ad ogni altro nel mondo contemporaneo; e sulle tasse non è ammesso referendum per chiari motivi di conflitto di interessi in seno al popolo elettore. 

Esistono dunque le procedure che sottraggono alla volatilità dell’opinione le cose ferme, le questioni importanti: ma quella della vita è evidentemente e stranamente meno importante della vita del denaro).

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Tutto su quella pillola che uccide

Ru486 la devastante pillola che uccide
Tutto su quella pillola che uccide
Molti buoni motivi per farne a meno. Lo dicono i pro-lifer, ma pure certi medici abortisti e alcune femministe
di Giacomo Samek Lodovici
Il Domenicale  N. 6 – DAL 11 AL 17 FEBBRAIO 2006

Per comprendere alcuni degli aspetti etici relativi all’assunzione della pillola abortiva Ru486 bisogna preliminarmente chiarire che il figlio allo stato embrionale è un uomo. Mancando lo spazio per argomentare, mi permetto di rinviare all’articolo che ho pubblicato su il Domenicale del 4 giugno scorso.
Qui posso solo sinteticamente ricordare come la scienza biologica attesti che lo sviluppo del figlio allo stato embrionale è autonomo, cioè diretto e guidato dal figlio e non da sua madre, e continuo, cioè ininterrotto, senza salti, senza stacchi che consentano di dire: “soltanto adesso il figlio allo stato di embrione è divenuto un uomo”.
Insomma, la differenza tra lui e noi è relativa solo alla complessità di organizzazione e alla quantità della materia di cui siamo costituiti, cose che ci consentono di esercitare (tra l’altro non ininterrottamente) alcune attività (pensare, volere, amare, ecc.) che il figlio potrà svolgere solo dopo la nascita (anzi, diverso tempo dopo di essa), cioè quando il suo sviluppo lo permetterà, salvo il caso di patologie. Pertanto, visto che il figlio allo stato embrionale è uno di noi, bisogna riconoscere, anche se è duro riscontrarlo, e sebbene coloro che abortiscono spesso non ne siano consapevoli, che l’aborto è un omicidio. Questa, purtroppo, è la tristissima realtà. Sul web si trova un filmato che mostra cosa avvenga al figlio quando subisce l’aborto:
www.fuocovivo.org/movimento/discerni.html.
A questo punto, è dunque possibile svolgere alcune brevi riflessioni relative a quel tipo di aborto che viene messo in pratica con il Ru486.

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LA CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA

Maria Luisa Di Pietro (*) – Roberta Minacori (**)
(*) Ricercatrice confermata e (**) Dottoranda di Ricerca, Istituto di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
 
LA CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA
(pubblicato in Medicina e Morale 1[2001]: 11-39)

Con la locuzione "contraccezione d’emergenza", detta anche "contraccezione postcoitale", si indica un insieme di pratiche a cui si fa ricorso dopo un rapporto sessuale presunto fecondante allo scopo di impedire la prosecuzione di una gravidanza qualora questa sia già iniziata. Le modalità oggi utilizzate per la contraccezione d’emergenza sono: la somministrazione di estrogeni o di estroprogestinici o di soli progestinici; la somministrazione di danazolo o di mifepristone; l’inserimento di spirale o IUD (IntraUterine Device).

In questo contributo, si analizzerà la storia, i protocolli, il meccanismo d’azione e gli effetti collaterali degli estrogeni, progestinici ed estroprogestinici utilizzati come contraccezione d’emergenza, detta anche, dal momento che la somministrazione è prevista entro e non oltre 72 ore dal rapporto sessuale, "pillola del giorno dopo"(1).

Breve storia della contraccezione d’emergenza

Salita in Italia, di recente, agli onori della cronaca quando è stata consentita la commercializzazione di un prodotto specifico, il Norlevo (nome commerciale del levonorgestrel), la contraccezione d’emergenza non è una novità: sono oramai ottanta anni che la ricerca sugli animali, prima, e sulle donne, poi, sta tentando di mettere a punto una metodica che interferisca con gli eventi successivi ad un rapporto sessuale(2). Era stato, infatti, dimostrato già dal 1920 che gli estrogeni potevano interferire, se somministrati in fase precoce, con la prosecuzione della gravidanza nei mammiferi, tanto che i veterinari avevano cominciato ad utilizzarli sui cani e sui cavalli.
Anche se l’uso sulla donna di estrogeni dopo un rapporto sessuale è iniziato nel 1940, il primo caso riportato in letteratura risale alla metà degli anni ’60 ed è quello di una ragazza che, violentata in un periodo presumibilmente ovulatorio, è stata sottoposta alla somministrazione di estrogeni(3). Da quel momento, un numero sempre più ampio di donne è stato trattato con elevate dosi di estrogeni coniugati, fino a quando non venne proposta, all’inizio degli anni ’70, la somministrazione combinata di estrogeni e di progestinici.
Risalgono, infatti, al 1972 i primi dati pubblicati da Yuzpe, ricercatore canadese, sull’uso di quella metodica che da lui prese il nome(4). Il protocollo originale di Yuzpe, modificato poi nel tempo, prevedeva la somministrazione di 100µg di etinilestradiolo e di 1 mg di norgestrel ogni 12 ore per 2 volte.
Contemporaneamente, agli inizi degli anni ’70, è iniziata la sperimentazione di prodotti composti da soli progestinici. Nel 1973, vengono pubblicati i primi risultati relativi ad una sperimentazione che prevedeva la somministrazione di cinque diverse dosi di levonorgestrel, compresi tra i 150 µg e i 400 µg per compressa(5).
Verso la fine degli anni ’70 venne introdotto tra le forme di contraccezione d’emergenza anche la spirale(6); mentre più di recente sono stati utilizzati a tale scopo anche il danazolo(7) e il mifepristone o RU486(8).
Messe a punto le metodiche e condotte sommarie sperimentazioni, tese per lo più ad evidenziarne l’efficacia, è iniziata una capillare campagna di informazione e di diffusione della contraccezione d’emergenza, in un crescendo di impegno e di acrimonia per eliminare – è stato scritto – qualsiasi forma di ignoranza e qualsiasi ostacolo. Cerchiamo di ricostruire con l’ausilio di fonti bibliografiche almeno i momenti più salienti di quella che sembra essere divenuta oramai un’autentica "crociata".

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Fisichella: Quando si banalizza la vita

La pillola Ru486: Quando si banalizza la vita

di Rino Fisichella
Arcivescovo presidente
della Pontificia Accademia per la Vita

C’è una triste tendenza che si sta imponendo poco alla volta in alcuni frammenti della cultura contemporanea: la banalizzazione. Dalla vita alla morte tutto sembra sottoposto a un mero processo semplificativo che tende a rinchiudere ogni cosa in un affare privato senza alcun riferimento agli altri.
In questo modo, però, la coscienza si assopisce e diventa progressivamente incapace di giudizio serio e veritiero.

L’applicazione della pillola Ru486 a tecnica abortiva è stata una via di ripiego per recuperare i capitali investiti dopo la verifica del fallimento per la sperimentazione che era stata prefissata. Già questo "banale" particolare la dice lunga sullo scopo di alcune ricerche che vengono fatte nei laboratori. Dimenticare che la scienza e la ricerca tecnologica devono avere come loro primo scopo quello di promuovere la vita e la sua qualità comporta un inevitabile slittamento con la conseguenza di porre al primo posto la sete di guadagno e non la salvaguardia della natura. I proclami sulla neutralità della scienza rimbombano in alcuni momenti particolari con il solo scopo di accreditare un prodotto piuttosto che per ricordare il valore fondamentale che la ricerca possiede. Non si può divenire complici di queste situazioni, denunciate con coraggio da Benedetto XVI nella sua ultima enciclica Caritas in veritate, quando in gioco vi è la vita umana.

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Dossier sulla Ru486: gi? 29 le morti accertate

Nonostante la presunta facilità dell’aborto chimico, restano molti aspetti inspiegati delle complicazioni derivate dall’uso del mifepristone. Ed è sempre difficile avere notizia di effetti indesiderati 

 Un dossier sulla Ru486. Già 29 le morti accertate 

 Il ministero: l’Aifa faccia chiarezza su questo farmaco

 

 

 

Avvenire, 23-6-2009. DA MILANO ENRICO NEGROTTI
L
a massima tra­sparenza nella valutazione dei dati è stata invocata dal sottosegretario alla Salute Eu­genia Roccella, per risponde­re con criteri di oggettività scientifica ai dubbi che la pil­lola abortiva continua a sol­levare.
Uno studio dell’azienda produttrice, la francese Exelgyn, rivela rischi poco indagati, e non solo per l’interruzione della gravidanza Tra gli eventi avversi anche una gamba amputata per un’infezione

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