Per chi ancora non lo avesse capito, in Italia l’orizzonte educativo che deve avere la scuola statale lo decide il ministro di turno. Forse è sempre stato così, probabilmente, ma oggi questo è diventato esplicito come non mai. Fino a livelli allarmanti. Meno male, vien da dire, chissà che non si arrivi finalmente a comprendere dove sta l’inghippo…
Pochi giorni fa è esplosa la vicenda dello sciopero per il clima, con la presa di posizione e conseguente circolare alle scuole del ministro Fioramonti, per chiedere ai dirigenti di considerare giustificata la partecipazione degli studenti alle manifestazioni “gretine”.
Subito dopo, a seguire, è riesplosa l’annosa questione del crocifisso in aula e si è scatenata ancora una volta una bagarre tra i sostenitori della scuola laica-laicista e quelli (confortati tra l’altro da diverse sentenze nazionali e internazionali) che vogliono il crocifisso esposto perché rappresenta i fondamenti della nostra storia e cultura.
Non facciamoci illusioni, nemmeno stavolta il problema sarà risolto. Fioramonti probabilmente continuerà ad affermare le proprie legittime convinzioni (e, con lui, tutti i presidi – e sono tanti – che non vogliono il crocifisso a scuola), fino al prossimo ministro. Quello uscente, ad esempio, era favorevole, e si stava muovendo affinché fosse ripristinato. Insomma, il caos.
Il problema è che questo accade non solo sul crocifisso, ma su un’infinità di questioni. Chi ne fa le spese sono innanzitutto gli studenti con le loro famiglie, e poi tutto il personale della scuola, che vive in un clima di terremoto perenne. Si può andare avanti così?
Il peccato originale è proprio nella natura stessa della scuola italiana. Facciamoci una domanda: a chi appartiene la scuola statale? E, di conseguenza, qual è (o quale deve essere) la sua identità? Non è del ministro, né del governo in carica, nemmeno (men che meno) dei sindacati, e neppure dei docenti, degli studenti o delle famiglie. I “buonisti” risponderebbero: “è della società, cioè di tutti questi!”. E in un certo senso potrebbe essere vero, ma il tentativo di realizzare la scuola della concertazione (dopo il ‘68, coi decreti delegati, che furono pensati proprio per avviare la scuola del dialogo e della collaborazione fra tutte le parti in causa) si è rivelato ampiamente fallimentare e prevedibilmente illusorio.
La scuola di Stato, in definitiva, è drammaticamente senza identità, o, meglio, con identità fluttuanti e contraddittorie, dipendenti dal potere politico che, in Italia, è quanto di più instabile esista. Insomma: una fabbrica permanente di conflitti, di scontento, di tristezza, e di manipolazioni ideologiche.
Affermare che la scuola è fatta per educare/formare le nuove generazioni, che dovrebbe rappresentare il meglio della nostra storia e cultura, che dovrebbe essere il trampolino di lancio degli studenti per esprimere i loro talenti in funzione della realizzazione personale e del bene comune, che dovrebbe sostenersi su dinamiche virtuose di collaborazione col territorio, le imprese e le famiglie, è pura teoria. Il fallimento è sotto gli occhi di tutti.
C’è una soluzione, e si chiama libertà di educazione. In un sistema davvero libero, anche ammesso che lo Stato voglia continuare ad essere gestore diretto di scuole, il problema del crocifisso non si porrebbe. E nemmeno tanti altri.
Le famiglie, che da dettato costituzionale sono le principali depositarie del diritto di educare e istruire i figli, potrebbero mandare questi ultimi nella scuola che preferiscono. Lo Stato è laico (laicista) e non vuole il crocifisso, oppure cambia orientamento continuamente? Benissimo, è possibile iscrivere i figli in altre scuole, chiaramente e stabilmente connotate, a parità di condizione. Il problema è che manca proprio questa possibilità. O, meglio, è alla portata solo di chi se la può permettere economicamente. Ed è una vergogna tutta italiana.
E poiché il peccato originale di una scuola di Stato (sempre più evidentemente Stato etico) non può essere risolto, gli studenti e le famiglie dovranno obtorto collo continuare a farne le spese. Le conseguenze, però, come vediamo, sono e saranno sempre più a carico di tutti.
A meno che… ed è la controprova di quanto detto sopra: le scuole che rappresentano il meglio della nostra storia e cultura, che sono il trampolino di lancio degli studenti per esprimere i loro talenti in funzione della realizzazione personale e del bene comune, che si sostengono su dinamiche virtuose di collaborazione col territorio, le imprese e le famiglie, esistono anche in Italia, e sono fra le paritarie e parentali. Cioè fra scuole libere, non statali. Sarà un caso?
Esistono anche gli strumenti per realizzare un’effettiva parità scolastica e libertà di scelta educativa per le famiglie: il costo standard, buono scuola, finanziamenti diretti dello Stato, e altro ancora. Basterebbe volerli attuare. Perché allora si continua così? Eh già, forse fa comodo a qualcuno…
Marco Lepore, per http://lanuovabq.it/it/no-al-crocifisso-allora-dateci-la-liberta-deducazione