Terni: “Bambole azzurre, soldatini rosa”

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Lo scorso 19 ottobre alcuni massmedia nazionali hanno segnalato un’iniziativa nella scuola primaria Mameli di Fornole, frazione di Terni, intitolata “Bambole azzurre, soldatini rosa”, intesa a «educare i bambini alle emozioni e al contrasto agli stereotipi di genere».

Ha “fatto notizia”, in particolare, l’ottima presa di posizione dell’Assessore alla Scuola del Comune di Terni: «Giù le mani dai bambini. Nelle scuole di Terni non entrerà mai un progetto del genere. Come assessore della Lega esprimo fin da subito il mio disappunto. La scuola non può e non deve sostituirsi alla famiglia».
E’ perfetto: omofobia, stereotipi, violenza di genere e bullismo sono solitamente i temi attraverso i quali si confondono i bambini e ragazzi, fino a farli incuriosire rispetto a esperienze contro natura.

A tale dichiarazione ha risposto la Consigliere Provinciale per la Parità, di Sinistra e Libertà (SEL): «Non c’è alcuna teoria no gender dietro a questo progetto […] il progetto [è] condiviso con docenti, genitori e direzione didattica».

Si tratta di una situazione che ormai si ripete in tutta la Penisola, particolarmente nelle “regioni rosse”, rispetto alla quale le associazioni pro family consulenti dei partiti devono possedere competenze. Vediamone le basilari:

  1. un Assessore Comunale alla Scuola non ha competenza sulle scuole statali, ma solo su quelle comunali e materne, convenzionate e non;
  2. un Consigliere Provinciale per la Parità ha competenza praticamente solo sugli immobili scolastici;
  3. l’Assemblea Legislativa Regionale, invece, ha alcune competenze sulle scuole di Stato e può anche interpellare gli Uffici Scolastici Provinciali e Regionali;
  4. una volta ottenuta la risposta dall’Ufficio Scolastico è quasi sempre necessario salire di livello e coinvolgere il Ministero della Pubblica Istruzione che può dar corso a un’ispezione o emanare una semplice circolare, senza con ciò violare alcun “contratto”;
  5. la “chiave” della difesa dei pro gender è nelle parole «condiviso con docenti, genitori e direzione didattica»; in altre parole la Scuola avrebbe seguito le procedure previste dal Ministero per l’Istruzione;
  6. dal sito della scuola, si ha conferma che, tra le “priorità” della scuola (PTOF pag. 12) c’è «il controllo emotivo», per ottenere il quale si renderebbe necessario, tra l’altro, agire per la «valorizzazione delle differenze; armonizzazione delle diversità»;
  7. l’indicazione di tali priorità non è tuttavia sufficiente ad autorizzare la scuola a dar corso a progetti o attività che hanno lo scopo dichiarato di confondere l’identità sessuale dei bambini, come è evidente nel caso che stiamo esaminando;
  8. il dovere – previsto da varie circolari ministeriali – di informare preventivamente la famiglia si ritiene assolto con una comunicazione verbale ai genitori presenti nel Consiglio di Classe… che tuttavia, ormai non rappresentano altri che sé stessi;
  9. infatti, sul sito della scuola (visitato il 22/10/18), non c’è alcuna informazione alla famiglia sul progetto gender di cui si parla;
  10. da ciò deriva la necessità di far protocollare il modulo per il “consenso informato preventivo” da parte di almeno dieci genitori.

Le indicazioni precedenti ed alcune altre si possono trovare qui: http://www.totustuus.it/Per-una-lotta-intransigente-al-gender/

Al momento, l’Assessore alla Scuola di Terni ha dovuto fare un piccolo passo indietro: «la lotta alle discriminazioni e alla violenza sulle donne è anche una mia battaglia. Trovo, tuttavia, fuorviante sia il titolo dell’iniziativa, sia alcuni passaggi contenuti all’interno del progetto».
L’auspicio è che non si demoralizzi, cambi rapidamente consulenti pro family, e tenga coraggiosamente fede agli impegni elettorali sottoscritti dal suo partito.

da: https://www.osservatoriogender.it/terni-bambole-azzurre-soldatini-rosa/

 

 

 

 

 

 

 

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