Una luce sull’orrore dell’aborto

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La caccia ai preti delle “Iene” stavolta ha acceso una luce sull’orrore dell’aborto

di Virginia Coda Nunziante, portavoce di http://www.marciaperlavita.it/liniziativa-2/

Le frontiere dell’etica – Smascherato sacerdote che mette incinta una ragazza, poi convinta a non tenere il bimbo. Ma la terribile vicenda svela la sacralità della vita.

Quest’anno ricorre il triste anniversario della legge 194 del 22 maggio 1978, che introduce l’aborto in Italia.
E’ una triste ricorrenza perché i dati del Ministero della Salute ci dicono che sono quasi 6 milioni i bambini che sono stati soppressi grazie a questa legge legge.
Una legge che dovrebbe far indignare qualsiasi cittadino italiano ma che invece, come tante altre leggi contro la vita e la famiglia, è entrata nei costumi del nostro paese.
Ormai non ci si pone neanche più il problema, perché nell’immaginario collettivo, quell’esserino minuscolo che si forma nell’utero materno e che poi si sviluppa, non è altro, nella migliore delle ipotesi, che un grumo di cellule. E come grumo di cellule può e deve essere eliminato senza scrupoli se dà il benché minimo disturbo.

Questo è quanto ci sentiamo ripetere da anni da tutta una diffusa cultura laicista che pontifica sui giornali, alla televisione, sui social… Ma mercoledì scorso, 14 febbraio, qualcosa è cambiato: i giornalisti del programma Le Iene, malgrado il loro laicismo, hanno offerto un grande servizio alla causa della vita e hanno messo in luce la drammatica realtà dell’aborto.

La storia è questa. Una ragazza calabrese, Francesca, ha una relazione con un parroco e si accorge di essere incinta. Il parroco e il vescovo di Cosenza, secondo il racconto della ragazza, la spingono ad abortire. La ragazza ancora non riesce a perdonarselo. Il video è su youtube e dunque tutti possono guardarlo e farsi un’idea dei fatti. Non intendo soffermarmi sul comportamento del parroco e del vescovo: il video è implacabile nei loro confronti.

Ma veniamo a quanto emerge dal servizio delle Iene. La ragazza, chiamata Francesca, che racconta la sua storia di dolore e abbandono, dice di essersi “accorta di aspettare un bambino”. La giornalista allora la incalza: è vero che “tu il bimbo lo volevi tenere”, mentre “lui non lo voleva quel figlio”? Sorprendente affermazione per tale ambiente giornalistico: non appena avvenuto il concepimento la donna “aspetta un bambino” che è anche “un figlio”. Ma allora, se il frutto del concepimento è un bambino, è un figlio, com’è possibile parlare di grumo di cellule, di prodotto del concepimento? Com’è possibile ammettere una legge che elimina un bambino, che uccide un figlio?

Ma proseguiamo nel racconto di Francesca. Il giorno dell’aborto, dice piangendo, “è stato terrificante, mi sentivo sporca. E’ stato l’inferno, il mio mondo lì è cambiato. La mia vita è cambiata. Non volevo fare questo”. Siamo di fronte ad una vita spezzata, distrutta ma da cosa? Non dalla relazione peccaminosa con un sacerdote, ma dall’aborto che l’hanno convinta a fare in quel 22 gennaio che rimarrà fisso nella sua memoria. “Non c’è giorno che non ci penso. E’ una storia che mi ha devastato. Sono caduta nel vortice più orribile”.

Il servizio delle Iene conferma dunque quanto sappiamo ma che nessuno osa dire: l’aborto è una devastazione per la donna, una ferita che non si rimarginerà più, che si porterà dentro per tutta la vita; è l’uccisione di un essere innocente, di una creatura che è già presente, in nuce, con tutte le sue particolarità e la sua unicità.
Ed infatti, alla domanda della giornalista: “Pensi che con un figlio attutirai questo dolore o avrai in fondo sempre un figlio in meno?”, la risposta di Francesca è lapidaria: “E’ impossibile riavere il figlio perduto”.
Dunque quell’esserino, eliminato con facilità grazie alla legge 194, era suo figlio, un figlio che non potrà più riavere.

Le Iene, con questo servizio, hanno reso un “servizio” alla Verità, che si impone sempre, anche quando la si vorrebbe negare.
Forse non si sono resi conto di aver squarciato il velo di ipocrisia che da sempre copre l’aborto.
Non possiamo dunque non cogliere questa opportunità per insistere sulla necessità di arrivare all’abrogazione totale di una legge che sopprime un essere che non si può difendere. E non si tratta, come dicono alcuni, di applicare meglio la 194 per permettere alle donne di scegliere con consapevolezza: non ci sono alternative possibili perché dove non c’è la vita, c’è la morte, e l’uccisione di un figlio non può essere lasciata come scelta.

E’ dunque importante continuare a riaffermare la verità sulla questione. Le Iene ci hanno dato un ottimo assist, come si direbbe oggi. Noi dobbiamo saperlo cogliere e alzare la nostra voce. A maggio ricorreranno quarant’ anni della legge 194: quale occasione migliore per far vedere e sentire che esiste ancora in Italia un popolo che reagisce, un popolo che ama la vita e la famiglia, un popolo che non si piega alle leggi liberticide che ci impongono, un popolo che il 19 maggio scenderà per le strade di Roma, partecipando alla Marcia per la Vita per ribadire il suo no alle leggi sull’aborto e sull’eutanasia.

(Virginia Coda Nunziante, La Verità – 17 febbraio 2018)

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