I medici saranno obbligati a procurare l’aborto?

Le sinistre e i partiti italiani di ispirazione socialista, sempre più spesso sostengono che un dipendente pubblico ha l’obbligo di seguire tutte le leggi dello Stato.
Così, secondo questi “illuminati”, superato l’esame di Stato, un giovane laureato in medicina avrebbe il dovere di praticare aborti, prescrivere la pillola del giorno dopo e violare il giuramento di Ippocrate fondato sul diritto naturale.
Già ora, nel caso ad esempio di un sindaco, è imposto dalla legislazione totalitaria vigente, di unire civilmente le coppie dello stesso sesso.

Si ritorna a una forma di “socialismo nazionale”?
Si dimentica la grande lezione dei giudizi di Norimberga, relativa ai gerarchi nazisti: se l’ordine non è conforme alla tua coscienza, non si deve adempierlo. Cioè, non serve a nulla difendersi per aver obbedito agli ordini o alle leggi, se queste sono contro il diritto naturale.

La Corte Suprema norvegese: sì all’obiezione di coscienza

La Corte Suprema norvegese, lo scorso 11 ottobre, ha riconosciuto il diritto ai medici di non compiere trattamenti sanitari, che possano andare contro alla loro coscienza. Come previsto peraltro dalla Convenzione europea sui diritti umani.

È stato questo il caso della dottoressa Katarzyna Jachinowicz, polacca, medico di famiglia nel Comune di Sauherad: convinta che «la vita abbia inizio al momento del concepimento», si era detta decisa a non «partecipare alla sua distruzione», somministrando terapie, che possano procurare l’aborto. Come i dispositivi intrauterini. Per questo, nel dicembre 2015, era stata licenziata, benché unanimemente riconosciuta come una professionista altamente qualificata, con oltre vent’anni di esperienza.

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V&V: follie giuridiche del “caso Cappato”

Il Comitato fondato da M. Palmaro evidenzia contraddizioni e pericolosità dell’ordinanza 207/2018 resa dalla Corte Costituzionale.
Non solo per giuristi: leggiamo tutti per capire dove ci sta portando questa magistratura!

La Corte Costituzionale genera inquietudine nel caso Cappato

L’ordinanza 207/2018 resa dalla Corte Costituzionale nel caso Cappato genera inquietudine ed apre a scenari di grave lacuna nella difesa del bene giuridico della vita.

Se da un canto la Corte ribadisce la incostituzionalità dell’istigazione (o del rafforzamento) dell’altrui volontà suicida, dall’altro, mediante argomentazioni vaghe e contraddittorie, ritiene che l’assistenza al proposito suicida sia invece ammissibile.

Secondo la Corte, bisogna considerare «specificamente situazioni come quella oggetto del giudizio a quo: situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali».

Nelle ipotesi, come quella del caso di specie, in cui la persona sia:
– affetta da una patologia irreversibile,
– fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili,
– la quale sia tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale,
– resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli»,

l’aiuto al suicidio «può presentarsi al malato come l’unica via d’uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare».

Il bene vita viene rimesso quindi ad una serie di criteri del tutto generici ed opinabili, e soprattutto viene sancita la incompatibilità tra la prosecuzione della vita e la dignità dell’individuo, assurgendo simultaneamente il suicidio a strumento di preservazione dello “sviluppo della persona umana”.

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Perché il Movimento per la Vita sceglie Mancuso?

In una Diocesi recentemente passata alla cronache per una ambigua lettera pastorale in cui si ventila la possibilità della comunione per i divorziati risposati… rispuntano vecchie e nuove contraddizioni del MpV.
Il CAV di Mantova organizza per domani un convegno intitolato “Mi fido di te” con un unico relatore, Vito Mancuso.
Ma cosa c’entra un personaggio del genere con la difesa della vita umana dal concepimento alla morte?
Che contributo può dare l’ex prete e collaboratore di Repubblica specializzato nella demolizione dei dogmi della Chiesa e della sua morale?
Occorre dunque fare attenzione con quale Movimento per la Vita eventualmente collaborare.

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I Centri di Aiuto alla Vita sono una delle più belle realtà di volontariato presenti in Italia. Da oltre quarant’anni rappresentano le sedi operative del Movimento per la vita, rispondendo in modo concreto alle necessità delle donne che vivono una gravidanza difficile o inattesa. Ogni anno circa 60mila donne delle quali la grande maggioranza è in attesa di un bambino vengono assistite in vario modo. Si tratta di una alternativa concreta al dramma dell’aborto.

Tuttavia c’è qualche CAV che sembra ora interessarsi, più che all’omicidio del nascituro, al femminicidio, un tema che come noto è socialmente più gradito e meno fastidioso per la cultura dominante che non l’aborto.
Sarebbe molto bello poter credere che tanta mobilitazione contro la violenza sulle donne sia davvero mossa dall’amore verso le donne.
Invece il vero obiettivo del martellamento mediatico sul (cosiddetto) femminicidio (vedere anche http://www.ilgiornale.it/news/politica/allarme-maschicidi-uomini-vittime-quanto-donne-nessuno-ne-1537979.html NdR) è sempre e solo lo stesso: l’autodeterminazione della donna, intesa però solamente come libertà sessuale.
Ovvero l’affermazione di un modo di vivere la sessualità che risponda alla pansessualizzazione attuale: sesso come libertà individuale e non di relazione, sesso come compimento di ogni desiderio, che diventa diritto.

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Tuteliamo i nostri ragazzi
, informiamoci sulle attività delle ASL in Emilia-Romagna

Prima di analizzare la situazione delle singole provincie occorre fare alcune premesse.

1) “Omofobia”, “stereotipi”, “discriminazione”, “bullismo”, “violenza di genere”. Quando un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) entra in una scuola con un progetto educativo su questi temi, dobbiamo mettere in conto la possibilità che voglia influenzare i nostri figli per far loro accettare l’omosessualità, far credere che possono decidere il proprio sesso e quindi considerare le relative esperienze come “una possibilità” (1).

2) Analizzare i progetti delle ASL. Ci siamo focalizzati sui progetti con titoli del tipo: “Benessere Individuale e Relazionale”, “Contrasto Comportamenti a Rischio” e “Sessualità e Affettività”. Sono le categorie generali che possono favorire la diffusione di
– “affetto e sentimenti” così intesi: «la pornografia è usata per la masturbazione e masturbarsi è un fatto del tutto naturale»;
ideologia omosessualista (gender): «un rapporto omosessuale ha le stesse caratteristiche di un rapporto eterosessuale» e in caso di dubbi «si può contattare l’Arcigay tel. […] o il Telefono Amico Gay tel.»;
aborto, pillola del giorno dopo, ecc.: nel caso si resti incinta ci si può «rivolgere a uno Spazio Giovani o a un Consultorio pubblico […] per chiedere di interrompere la gravidanza»;
malattie veneree (epatite A, sifilide, ecc.): «Oltre all’AIDS esistono altre malattie a trasmissione sessuale […] per fortuna quasi tutte queste malattie sono curabili» (3).
In tutti questi progetti viene sempre inculcato una sorta di “dogma”: “basta mettere il preservativo e puoi fare quel che vuoi”.
E’ perciò indispensabile che sia la famiglia a controllare in prima persona il PTOF e i progetti della scuola dei figli: di seguito si indicherà dove verificare quelli attivati dagli “Spazi Giovani” nelle scuole dei nostri ragazzi.

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, informiamoci sulle attività delle ASL in Emilia-Romagna

Manovra: più soldi per lo statalismo educativo?

  • Categoria dell'articolo:Famiglia
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Un emendamento dei 5Stelle prevede l’istituzione del tempo pieno OBBLIGATORIO per le scuole elementari.
E’ la conferma dell’orientamento socialista dell’istruzione: strappare completamente i figli alla famiglia.. e poi educarli ai gender e all’accettazione del totalitarismo islamico.
E’ un altro passo verso la costruzione del perfetto schiavo di uno Stato che gestisce le persone “dalla culla alla bara”.

Più sotto:
1. La notizia
2. Una lettera di Gianni Mereghetti.
3. Un articolo sulla differenza di costi con le scuole paritarie di Anna Monia Alfieri

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E salta fuori che la “pillola del giorno dopo” distrugge il fegato!

Lo Stato italiano: “l’uso di Esmya deve essere limitata e che sono necessarie misure per minimizzare il rischio di danno epatico” (AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco: http://www.aifa.gov.it/content/nota-informativa-importante-su-esmya-ulipristal-acetato-03082018)
Anche l’Agenzia europea dei medicinali segnala gravi danni al fegato per chi assume un farmaco a base di Ulipristal acetato.
E’ lo stesso principio attivo contenuto nella EllaOne, la cosiddetta pillola dei 5 giorni dopo. Ma non viene fatta nessuna correlazione.
Perché? Forse perché i dosaggi sono diversi, ma è evidente che gli ideologi del socialismo statalista e welfarista se ne guardano bene dal parlarne, perché aborto e contraccezione non si possono toccare.

I rischi della pillola dei 5 giorni dopo che non ci dicono

di Tommaso Scandroglio

C’è una notizia che i media, eccezion fatta per quelli di settore, hanno pressoché snobbato. Il principio attivo della cosiddetta pillola dei cinque giorno dopo, pillola che può avere effetti anche abortivi, si chiama ulipristal acetato. Questo principio attivo è presente anche nell’Esmya, un farmaco per il trattamento dei sintomi da moderati a gravi dei fibromi uterini.

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Parla Carol Everett, ex dirigente di cliniche dell’aborto

“Il nostro obiettivo era di avere dai 3 ai 5 aborti per ogni ragazza di età tra i 13 ed i 18 anni”

Si ricorda la petizione online contro l’aborto:
PER GLI EMILIANO-ROMAGNOLI
http://www.fattisentire.org/firmiamocontrolabortoiner/

Carol Everett, il racconto sioccante e drammatico della sua vita in una clinica per aborti.
Prima venditrice di materiale sanitario, poi venditrice di aborti, poi dirigente della clinica…..infine la verità.
Le cliniche USA: comportamenti simili a quelli di tanti Consultori Familiari della Ausl italiane.
Riconoscere il male fatto, la grazia ricevuta, e testimoniare la vita agli altri.

Ecco l’intervista nella traduzione di Sabino Paciolla.

 

Come è stata coinvolta originariamente nell’industria dell’aborto?

Sono stata coinvolta nell’industria dell’aborto nel disperato tentativo di giustificare il mio stesso aborto. Due settimane dopo Roe v. Wade (la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America che nel 1973 aprì la porta alla legalizzazione dell’aborto negli USA, ndr), mi sono trovata incinta della terza gravidanza, non era opportuna. Ero sposata. Mio marito disse: “Sai, l’aborto è la risposta”. Non ci ho pensato molto, e nessuno mi ha detto di fermarmi. E nel momento in cui ho avuto quell’aborto ho capito che avevo ucciso il mio bambino…..dove vai dopo quella esperienza? Non puoi condividerla con la tua migliore amica, o con tua madre. Ma quello che ho capito è che potevo manipolare quei sentimenti e dire alle altre donne quanto fosse grande l’aborto. Ed era facile sviluppare (tale idea) nell’industria dell’aborto, vendendo aborti ogni giorno. E poi si è trasformato in qualcosa di più. E’ diventato un gioco di numeri. E’ diventato un gioco di soldi.

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Bologna. La sifilide viene dalle Ausl?

Crescono le attività di “educazione all’affettività” della Regione e – coincidenza? – si assiste a una pandemia di malattie veneree.

Una città nutrita con il “dio preservativo”, il Gay Pride e il Gender Bender, l’aborto facile, la pillola del giorno dopo… e la sifilide è aumentata del 400%.
Lo stesso fenomeno si riscontra negli altri capoluoghi emiliani a guida socialista: “aperti e moderni”.

La Regione esclude ogni riferimento all’astinenza, al sacrificio, al matrimonio, alla fedeltà, al rispetto della donna: “usa il preservativo e fai quel che vuoi”. La sodomia sarebbe normale: e naturalmente le prime vittime di questa “cultura” sono gli omosessuali.
Per chi ha figli a scuola: evitare ogni attività educativa fatta dalle Ausl a qualunque costo.

Malattie sessualmente trasmissibili in crescita a Bologna

La dermatologa del Sant’Orsola: “Al nostro centro si contano 300 nuovi casi all’anno“. La sifilide aumenta del 400%

da: https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/malattie-sessualmente-trasmissibili-1.4285541

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Aborto: il film che ci proibiscono di vedere

Ha raggiunto i 2 milioni di dollari di incasso dopo appena una settimana di proiezione (iniziata il 12 ottobre), si è piazzato tra i primi 10 film al botteghino a livello nazionale, eppure il film Gosnell – Il processo del più grande serial killer d’America sta subendo una ‘curiosa’ censura, visto che quasi 200 teatri hanno deciso nel frattempo di eliminarlo dalla loro programmazione.
Una storia che comincia da lontano e comprende le censure di facebook e youtube ad immagini e tematiche anti-aborto e anti-gender.

Il film in questione, di cui Il Timone si è già occupato, si basa sulla storia vera di Kermit Gosnell, un ginecologo condannato all’ergastolo nel maggio 2013 per l’uccisione di tre bambini nati vivi dopo un fallito aborto, l’omicidio colposo di Karnamaya Mongar (morta nel 2009 in conseguenza di una procedura abortiva), 21 aborti oltre il limite delle 24 settimane fissato dalla legge della Pennsylvania, nonché per altre 211 violazioni della norma sul consenso informato. E questi sono «solo» i casi che la giustizia americana è riuscita a provare con certezza, dunque escludendo le accuse senza prove a sufficienza ed escludendo le centinaia di bambini soppressi nel grembo materno con il favore della legge.

La storia di Gosnell è evidentemente indigesta alla propaganda che presenta l’aborto come un «diritto» perché ne svela tutti gli orrori e le menzogne. Non per nulla il film, come già il processo del medico killer, è stato snobbato dalla grande stampa e – tra ostacoli vari, incluso l’ostracismo da parte del circo di Hollywood – ci sono voluti tre anni dopo la fine delle riprese (ottobre 2015) prima che i suoi produttori riuscissero a concludere un accordo per la distribuzione della pellicola. Fino appunto all’ultima novità: dai 668 teatri che hanno proiettato il film nel primo fine settimana si è passati ai 488 teatri del secondo weekend, stando alle cifre fornite da LifeNews. Eppure, come hanno spiegato i produttori allo stesso giornale, il film «sta andando incredibilmente bene nonostante gli attacchi da tutte le parti. I veterani del settore affermano di non aver mai assistito a una simile campagna da parte dell’establishment per chiudere un film di successo».

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Marco Cappato come Emma Bonino: impuniti

Caso Dj Fabo: la Consulta non decide ma passa la patata bollente al Parlamento autorizzandolo a inserire nella legge sulle Dat anche alcuni casi di aiuto al suicidio. Una volta che le Camere avranno fatto questo lavoro sporco sarà agevole per la Corte Costituzionale mantenere il reato di aiuto al suicidio ad eccezione dei nuovi casi previsti. La platea dei candidati all’eutanasia si allargherà a depressi, annoiati dalla vita o disperati per un dolore esistenziale. In questo modo la Corte Costituzionale avrà così messo nelle loro mani una rivoltella per uccidersi.

Suicidio e eutanasia: l’importanza del far pressione sugli esponenti locali dei partiti;
è questo il compito alla portata di ognuno.

Fine vita, la “sfida” alla Consulta stimolo per i pro life

La sentenza della Consulta sul caso Cappato può dare l’impressione di chiudere definitivamente i pro-life in un vicolo cieco. Ma apre anche un nuovo e più chiaro orizzonte di impegno contro l’eutanasia.
Si sfidi in Parlamento la Corte nel rivedere la legge sulle DAT restringendo, e non allargando le possibilità eutanasiche.
Occorre costituire dei movimenti locali di modifica costituzionale per blindare il diritto secondo giustizia e arrestare il piano inclinato. 

La sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato, che la NBQ ha illustrato e commentato ieri (vedi qui), può dare l’impressione di chiudere definitivamente i pro-life in un vicolo cieco privo di alternative.
Eppure, proprio perché manifesta così chiaramente il suo disegno, apre invece un nuovo e più chiaro orizzonte di impegno contro l’eutanasia e per la vita.

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